Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020
modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
b) siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
c) siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
d) assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale;
e) siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;
f) per le sole attività produttive siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni;
g) si favoriscono, limitatamente alle attività produttive, intese tra organizzazioni datoriali e sindacali;
h) per tutte le attività non sospese si invita al massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile.
In questa logica è stato sottoscritto il protocollo di sicurezza anti-contagio siglato su invito del Governo in data 14 marzo 2020.
La precipua finalità del protocollo è quella di favorire la prosecuzione delle attività produttive in presenza delle necessarie condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione.
La premessa
Nell’incipit del documento si evidenzia che il cuore dell’azione precauzionale è la riduzione delle occasioni di contagio (distanziamento interpersonale), da conseguire anzitutto, sul piano organizzativo, con lavoro da remoto. Inoltre, per favorire la rarefazione delle presenze sul luogo di lavoro o consentire interventi di sanificazione dei locali, è prevista la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali.
A questo proposito, in giornata, un ulteriore provvedimento normativo dovrebbe introdurre ulteriori misure che ampliano il ricorso alla CIG (anche in deroga) ed ai fondi bilaterali previsti dal D.lgs. n. 148/2020.
Le parti richiamano inoltre l’esigenza che, nel definire procedure e regole di condotta per la regolamentazione del contrasto e del contenimento della diffusione del virus, sia favorito il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro.
Vengono poi espressamente richiamate le disposizioni del punto 7 del DPCM 11 marzo 2020, quali criteri generali e spirito cui riferire la elaborazione di protocolli e regole.
La logica di lettura del documento
Prima della indicazione delle misure, le parti hanno inserito alcuni passaggi fondamentali nella lettura del documento.
In primo luogo, esso si muove nella logica della precauzione per tutelare i lavoratori da un rischio biologico generico (eguale per tutta la popolazione), per cui le indicazioni di riferimento sono quelle cautelari indicate dalle Autorità sanitarie. L’intesa si colloca, dunque, al di fuori della prevenzione regolata dal D.lgs. 81/2008 (in questa logica, come evidenziato da più parti – es. Regione Veneto – l’azienda non è tenuta ad aggiornare il documento di valutazione dei rischi).
In secondo luogo, il documento contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio: dunque le aziende dovranno trarre dall’intesa gli elementi per elaborare propri specifici protocolli di sicurezza.
In terzo luogo, proprio perché si tratta di linee guida, “le imprese adottano il presente protocollo di regolamentazione all’interno dei propri luoghi di lavoro, oltre a quanto previsto dal suddetto decreto, applicano le ulteriori misure di precauzione di seguito elencate – da integrare con altre equivalenti o più incisive secondo le peculiarità della propria organizzazione, previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali – per tutelare la salute delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro.”
Da ultimo, va favorito il confronto con le rappresentanze sindacali, come prevede il DPCM 11 marzo 2020, solo qualora presenti in azienda, e con il RLS e il RLSPP. Il Protocollo condiviso del 14 marzo nasce per aiutare le imprese, specie quelle di minori dimensioni o comunque, prive di rappresentanze sindacali, ad adottare una regolamentazione su una base “condivisa ed efficace”, finalizzata a garantire, nell’interesse delle persone che lavorano, misure per contrastare la diffusione del virus. E’ poi responsabilità del singolo datore di lavoro adattare le misure indicate nel Protocollo condiviso, “tenendo conto della specificità di ogni singola realtà produttiva e delle situazioni territoriali.”
Evidentemente, il principio di sussidiarietà impone che il documento sia solamente una linea guida, alla luce della quale le imprese – ciascuna secondo il settore, le dimensioni, il processo produttivo, le intese che sono state o saranno raggiunte al livello locale – potranno elaborare propri protocolli.
In altre parole, il protocollo non è stato concepito né in una logica vincolante né quale documento universalmente valido, ma quale strumento che contiene una serie di indicazioni che Governo e parti firmatarie ritengono idonee a garantire la salute delle persone senza interrompere le attività produttive. Esso offre dunque indicazioni generali che ciascuno deve adattare alle proprie specificità.
Non potrebbe essere altrimenti, laddove obiettivo del protocollo è fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19: efficacia che si può conseguire solamente personalizzando il modello di protocollo secondo le caratteristiche di ciascuna azienda; diversamente, ogni protocollo sarebbe generico, inadeguato, inidoneo ed inefficace.
Le singole previsioni
Si evidenzia, in premessa, che molte delle indicazioni contenute nel documento trovano evidente fonte nelle disposizioni normative, amministrative e interpretative fin qui emanate dalle Autorità.
1-INFORMAZIONE
L’informazione è il primo passaggio, fondamentale nell’evitare l’ingresso del virus in azienda (aziende aperte alla produzione ma chiuse al virus).
L’emergenza sanitaria mondiale impone che ciascuno sia responsabilizzato nelle condotte e negli stili di vita, ivi compresi quelli sul lavoro. È quindi essenziale far comprendere sia i comportamenti da tenere sia il perché delle indicazioni e delle limitazioni.
Sul sito del Ministero della salute sono presenti molte indicazioni, depliants e altri strumenti di informazione: la distribuzione degli stessi già all’ingresso dell’azienda, la diffusione tempestiva con ogni strumento informatico possibile costituiscono la prima, fondamentale azione di precauzione.
Oggetto delle informazioni sono le indicazioni già abbondantemente fornite dalle Autorità. Tra queste:
✓ restare a casa in caso di sintomi e contattare il medico di famiglia e l’autorità sanitaria
✓ restare a casa se si sono avuti contatti stretti* con persone con sospetto o con tampone positivo a Covid-19 e contattare i numeri di riferimento regionali o il 1500
✓ contattare il medico di famiglia e l’autorità sanitaria nei casi previsti dalle Autorità sanitarie
✓ impegno ad osservare le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro e a segnalare eventuali sintomi influenzali.
Nozione di contatto stretto ad alto rischio di esposizione (definizione integrata secondo le indicazioni internazionali – Ministero della salute – Circolare n. 6360 del 27/2/2020)
• una persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;
• una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano);
• una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);
• una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;
• una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;
• un operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;
• una persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo);
• Sono da considerarsi rilevanti a fine epidemiologico i contatti avvenuti entro un periodo di 14 giorni prima dell’insorgenza della malattia nel caso in esame.
2-MODALITA’ DI INGRESSO IN AZIENDA
La fase dell’ingresso in azienda, come detto, è essenziale.
Il primo atto, rimesso alla determinazione di ciascun datore di lavoro, è la misurazione della temperatura. L’indagine, per quanto non decisiva (potendo una persona asintomatica avere e trasmettere il virus), costituisce uno screening importante.
La responsabilizzazione in ordine alle previsioni di legge che indicano la permanenza domiciliare in caso di sintomi, al fatto che spostarsi con sintomi influenzali (in questo momento) mette a rischio la salute pubblica, al divieto di ingresso in azienda in presenza di sintomi, unitamente alla misurazione della temperatura rappresentano una forma di precauzione che viene ritenuta sufficiente a ridurre, se non eliminare, l’ingresso di persone (dipendenti e terzi) nel luogo di lavoro.
Nel caso di temperatura rilevata superiore a 37,5° con termometro, la persona non potrà fare ingresso in azienda, e dovrà, con il supporto dell’azienda, avvertire il medico di famiglia e le autorità sanitaria, per individuare le successive azioni che le stesse riterranno opportuno adottare.
Per il termometro preferire quelli che non necessitano di contatto diretto (per es. a modalità infrarosso).
In alternativa quelli di tipo auricolare con ricambi monouso.
Qualora non reperibili, utilizzare quelli in dotazione nella cassetta di Primo Soccorso: gli stessi andranno puliti accuratamente ad ogni utilizzo con soluzione alcolica.
Per quanto riguarda le modalità operative si suggerisce di incaricare un lavoratore già formato a questa attività (possibilmente un incaricato al primo soccorso). Durante la rilevazione l’operatore dovrà indossare mascherina chirurgica, guanti ed occhiali di sicurezza cercando di mantenere la massima distanza possibile con il braccio in estensione (solitamente 50 cm).
Richiamiamo l’attenzione alle disposizioni in tema di privacy.
Il dialogo con il Garante ha consentito di superare il comunicato del 2 marzo 2020 con il quale si rappresentava il divieto per il datore di lavoro di rilevare la temperatura e di chiedere informazioni generalizzate.
La nota al testo indica le garanzie da osservare in questa delicata fase per poter svolgere un’azione nel rispetto della privacy.
Anche l’aver frequentato zone a rischio indicate dall’OMS nei 14 giorni precedenti preclude l’ingresso in azienda: la precauzione impone una cautela similare, anche in assenza di sintomi. La medesima attenzione al tema della privacy anche in occasione di questa informativa trova riscontro nella nota 2.
Riteniamo che l’intesa con il Governo e il sindacato, la formalizzata situazione di emergenza nazionale e il colloquio con il Garante, superi, per la verifica della temperatura e la richiesta di informazioni, i limiti della privacy ed anche le previsioni ordinarie dell’art. 5 della legge n. 300/1970, secondo il quale “sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.”
Dato che sul punto non vi è unità di vedute (l’ATS della Lombardia ha manifestato, nonostante l’intesa, parere contrario), si ritiene opportuno richiamare le cautele che il Garante ha indicato per la verifica e che sono riportate nelle note 1 e 2 al Protocollo:
“1. La rilevazione in tempo reale della temperatura corporea costituisce un trattamento di dati personali e, pertanto, deve avvenire ai sensi della disciplina privacy vigente. A tal fine si suggerisce di:
1) rilevare a temperatura e non registrare il dato acquisto. È possibile identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali;
2) fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali. Si ricorda che l’informativa può omettere le informazioni di cui l’interessato è già in possesso e può essere fornita anche oralmente. Quanto ai contenuti dell’informativa, con riferimento alla finalità del trattamento potrà essere indicata la prevenzione dal contagio da COVID-19 e con riferimento alla base giuridica può essere indicata l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020 e con riferimento alla durata dell’eventuale conservazione dei dati si può far riferimento al termine dello stato d’emergenza;
3) definire le misure di sicurezza e organizzative adeguate a proteggere i dati. In particolare, sotto il profilo organizzativo, occorre individuare i soggetti preposti al trattamento e fornire loro le istruzioni necessarie. A tal fine, si ricorda che i dati possono essere trattati esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da COVID-19 e non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative (es. in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo al COVID-19);
4) in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura, assicurare modalità tali da garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore. Tali garanzie devono essere assicurate anche nel caso in cui il lavoratore comunichi all’ufficio responsabile del personale di aver avuto, al di fuori del contesto aziendale, contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 e nel caso di allontanamento del lavoratore che durante l’attività lavorativa sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria e dei suoi colleghi.
- Qualora si richieda il rilascio di una dichiarazione attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19, si ricorda di prestare attenzione alla disciplina sul trattamento dei dati personali, poiché l’acquisizione della dichiarazione costituisce un trattamento dati. A tal fine, si applicano le indicazioni di cui alla precedente nota n. 1 e, nello specifico, si suggerisce di raccogliere solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da COVID-19. Ad esempio, se si richiede una dichiarazione sui contatti con persone risultate positive al COVID-19, occorre astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva. Oppure, se si richiede una dichiarazione sulla provenienza da zone a rischio epidemiologico, è necessario astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alle specificità dei luoghi”.
3-MODALITA’ DI ACCESSO DEI FORNITORI ESTERNI
L’ingresso di terzi in azienda soggiace alle medesime cautele.
In particolare, vengono indicate alcune cautele per gestire la fase di ingresso e di carico/scarico delle merci e utilizzo dei servizi (anche appositamente installati).
Inoltre, con riferimento al diverso tema della presenza di un servizio aziendale di trasporto, si precisa va garantita e rispettata la sicurezza dei lavoratori lungo ogni spostamento.
Anche la presenza di lavoratori appartenenti ad una impresa che sta eseguendo lavori o prestando forniture all’interno dell’impresa giustifica che le disposizioni del protocollo in commento si estendano a quelle imprese. Evidentemente, le precauzioni indicate nel protocollo faranno carico alle aziende fornitrici o in appalto.
4-PULIZIA E SANIFICAZIONE IN AZIENDA
Un punto essenziale e delicato, oggetto di acceso confronto, è il tema della pulizia e della sanificazione.
A questo proposito, il Ministero della salute – nella circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 – ha precisato le regole per la decontaminazione dei locali dove abbiano soggiornato casi confermati di COVID-19.
Evidentemente, in questo caso, la potenziale contaminazione del luogo di lavoro impone la massima cautela e, quindi, una azione di massima cautela nella sanificazione.
Riportiamo, data la cogenza delle relative indicazioni, integralmente il passaggio relativo:
“Pulizia di ambienti non sanitari
In stanze, uffici pubblici, mezzi di trasporto, scuole e altri ambienti non sanitari dove abbiano soggiornato casi confermati di COVID-19 prima di essere stati ospedalizzati verranno applicate le misure di pulizia di seguito riportate.
A causa della possibile sopravvivenza del virus nell’ambiente per diverso tempo, i luoghi e le aree potenzialmente contaminati da SARS-CoV-2 devono essere sottoposti a completa pulizia con acqua e detergenti comuni prima di essere nuovamente utilizzati.
Per la decontaminazione, si raccomanda l’uso di ipoclorito di sodio 0,1% dopo pulizia. Per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, utilizzare etanolo al 70% dopo pulizia con un detergente neutro.
Durante le operazioni di pulizia con prodotti chimici, assicurare la ventilazione degli ambienti. Tutte le operazioni di pulizia devono essere condotte da personale che indossa DPI (filtrante respiratorio FFP2 o FFP3, protezione facciale, guanti monouso, camice monouso impermeabile a maniche lunghe, e seguire le misure indicate per la rimozione in sicurezza dei DPI (svestizione). Dopo l’uso, i DPI monouso vanno smaltiti come materiale potenzialmente infetto.
Vanno pulite con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente, quali superfici di muri, porte e finestre, superfici dei servizi igienici e sanitari. La biancheria da letto, le tende e altri materiali di tessuto devono essere sottoposti a un ciclo di lavaggio con acqua calda a 90°C e detergente. Qualora non sia possibile il lavaggio a 90°C per le caratteristiche del tessuto, addizionare il ciclo di lavaggio con candeggina o prodotti a base di ipoclorito di sodio)”.
Dunque, a fronte della pulizia ordinaria, la sanificazione (in caso di presenza di un caso confermato di COVID-19 ovvero periodica, secondo le determinazioni del datore di lavoro, con l’ausilio del medico competente e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione) impone delle cautele particolari, come descritte nel documento del Ministero della salute.
La particolare rilevanza della procedura di sanificazione (rispetto alla ordinaria pulizia giornaliera) legittima, per espressa previsione del DPCM 11 marzo 2020, la richiesta di ammortizzatori sociali: ad esempio, una azienda potrà decidere di procedere alla sanificazione, oltre che all’esito della presenza di un caso confermato di COVID19, tutti i venerdì o una volta al mese, in tal caso potendo usufruire, per quella giornata, in tutto o in parte, della cassa integrazione, sospendendo, in tutto o in parte, l’attività produttiva.
Per la pulizia di ambienti non frequentati da casi di COVID-19, è sufficiente procedere alle pulizie ordinarie degli ambienti con i comuni detergenti, avendo cura di pulire con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente (es. muri, porte, finestre, superfici dei servizi igienici, testiere, mouse, schermi).
Ovviamente, la priorità nella pulizia andrà data a materiali condivisi da più lavoratori ed è evidente che la pulizia potrà anche essere preventiva rispetto all’uso.
5-PRECAUZIONI IGIENICHE PERSONALI
Proseguendo sul tema dell’igiene, assume un rilievo decisivo l’ulteriore aspetto dell’igiene personale.
La frequente pulizia con acqua e sapone è fondamentale, così come la correttezza della procedura di lavaggio.
Secondo l’OMS e il Ministero della salute “il lavaggio e la disinfezione delle mani sono la chiave per prevenire l’infezione. Dovresti lavarti le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone per almeno 60 secondi. Se non sono disponibili acqua e sapone, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcool (concentrazione di alcool di almeno il 60%)”.
Una volta lavate correttamente, le mani sono pulite: l’immediata ulteriore detersione con il gel non aumenta la pulizia.
È evidente che avere a disposizione gel per la disinfezione frequente delle mani nel corso dell’attività lavorativa è fondamentale: più si riduce la potenziale presenza sulle mani del virus, maggiore è la possibilità di annullare il contagio.
6-DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Al punto 6 si affronta l’ulteriore tema decisivo dei dispositivi di protezione individuale.
Una prima osservazione fondamentale è che i dispositivi in argomento sono esclusivamente quelli indicati dalle Autorità sanitarie: la situazione di emergenza e la natura precauzionale delle prescrizioni comporta che non si debba far riferimento alle logiche prevenzionali del Dlgs n. 81/2008 ed alle nozioni di “Dispositivi di protezione individuali”, ma a quelle delle Autorità, laddove prescrivono un tipo di protezione. Innanzitutto, va ricordato che secondo l’OMS “per gli individui asintomatici, non è consigliabile indossare una maschera di qualsiasi tipo. Indossare maschere mediche quando
non sono indicate può causare costi inutili e un onere di approvvigionamento e creare un falso senso di sicurezza che può portare a non considerare altre misure preventive essenziali”
(http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato4831547.pdf) Inoltre, “non è richiesta una maschera medica, in quanto non sono disponibili prove sulla sua utilità per proteggere le persone non malate. Tuttavia, le maschere potrebbero essere indossate in alcuni paesi secondo le abitudini culturali locali. Se si utilizzano maschere, è necessario seguire le migliori pratiche su come indossarle, rimuoverle e smaltirle e per l’igiene manuale dopo la rimozione”
(https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/330987/WHO-nCov-IPC_Masks-2020.1-eng.pdf?sequence=1&isAllowed=y) Il Ministero della salute evidenzia che “l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di indossare una mascherina solo se sospetti di aver contratto il nuovo Coronavirus e presenti sintomi quali tosse o starnuti o se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da nuovo Coronavirus. L’uso della mascherina aiuta a limitare la diffusione del virus ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene respiratoria e delle mani. Infatti, è possibile che l’uso delle mascherine possa addirittura aumentare il rischio di infezione a causa di un falso senso di sicurezza e di un maggiore contatto tra mani, bocca e occhi. Non è utile indossare più mascherine sovrapposte. L’uso razionale delle mascherine è importante per evitare inutili sprechi di risorse preziose”.
Il rispetto della distanza di un metro è la prima misura di precauzione; solamente laddove non sia possibile, è consigliato l’uso delle mascherine chirurgiche da parte dei lavoratori interessati: si tratta di una cautela eccessiva anche rispetto a quanto previsto dall’OMS, ma la situazione di grave emergenza consiglia di adottare una misura particolarmente cautelativa.
Non trattandosi di situazioni nelle quali si ha a che fare con un malato o non trattandosi di ambito sanitario, le mascherine da fornire sono le normali mascherine chirurgiche e non le maschere filtranti (FFP2 o FFP3), che comunque, se a disposizione in azienda, possono essere utilizzate, tenendo conto delle indicazioni del medico competente e del fatto che per i lavoratori in ambito non sanitario il loro utilizzo è controindicato.
In questo senso, il Protocollo prevede sia che “le mascherine dovranno essere utilizzate in conformità a quanto previsto dalle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità” sia che essi devono essere “conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie”.
In mancanza di mascherine, per quanto non previsto da alcuna disposizione, potrebbe essere utile l’adozione di visiere paraschizzi facciali intere (che sembra essere maggiormente sopportabile dai lavoratori in luogo delle mascherine filtranti ffp2 e ffp3, che per le loro caratteristiche, secondo le indicazioni dell’OMS, sono consigliate solo per situazioni di lavoro in strutture sanitarie).
A questo proposito, la Presidenza del Consiglio, consapevole della scarsità sul mercato di mascherine protettive di tipo chirurgico e pur non essendo universalmente obbligatorio l’uso delle stesse sul luogo di lavoro, ha dato assicurazioni in ordine alle iniziative governative per garantirne il reperimento.
Per quanto riguarda il liquido detergente, il riferimento per la sua produzione alla procedura indicata dall’OMS è evidentemente legato alla difficoltà di reperire notevoli quantità di prodotto, estremamente utile laddove non sia immediatamente possibile l’igienizzazione mediante acqua e sapone. Il prodotto è normalmente in vendita, ma, nel caso di carenza, la precauzione e l’urgenza impongono di non rimanerne sguarniti. - GESTIONE SPAZI COMUNI (MENSA, SPOGLIATOI, AREE FUMATORI, DISTRIBUTORI DI BEVANDE E/O SNACK…)
La gestione degli spazi comuni è argomento altrettanto importante, posto il divieto di assembramenti, l’esigenza di rarefazione delle presenze in azienda ed il pericolo connesso alla compresenza di più persone a stretto contatto.
Le modalità indicate, evidentemente esemplificative ma chiare nel messaggio, sono evidentemente volte a garantire la sicurezza di chi frequenta le zone comuni.
Lo strumento della turnazione, tanto nei luoghi a disposizione dei lavoratori quanto nelle mense, può essere utile al fine di ridurre la presenza contemporanea di personale.
8-ORGANIZZAZIONE AZIENDALE (TURNAZIONE, TRASFERTE E SMART WORK, RIMODULAZIONE DEI LIVELLI PRODUTTIVI)
L’organizzazione aziendale è altrettanto importante, in quanto è il primo strumento (collettivo) di gestione della crisi attraverso il quale è possibile impedire la diffusione del virus.
Gli strumenti a disposizione (ad es. smart work, cassa integrazione, chiusura dei reparti diversi da quelli caratteristici della produzione, etc.) sono finalizzati a ridurre le persone fisicamente presenti in azienda.
La previsione della chiusura dei reparti diversi dalla produzione non riguarda, per evidente nesso logico, tutti i settori funzionali e indispensabili allo svolgimento dell’attività produttiva (es. magazzini, aree di carico e scarico delle merci, etc.), senza i quali l’attività produttiva verrebbe inibita.
La eventuale rimodulazione dei livelli produttivi è evidentemente rimessa alla scelta aziendale.
La organizzazione per gruppi e la conseguente riconoscibilità di gruppi di lavoratori può essere funzionale alla conoscenza della eventuale diffusione del virus, così come può essere funzionale alle scelte aziendali di riorganizzazione, magari per gestire situazioni in cui è necessaria una presenza continua in azienda (es. ciclo continuo, servizi al pubblico, etc.).
Il protocollo fa anche riferimento al ricorso agli strumenti contrattuali in relazione alla cassa integrazione, suggerendo l’uso degli ammortizzatori in via prioritaria e prevedendo un uso residuale delle ferie arretrate e non ancora fruite. E’ possibile anche il ricorso a quegli istituti contrattuali (rol, par, banca delle ore) che consentono l’astensione dal lavoro senza perdita di retribuzione.
Ancora sul tema dell’organizzazione, il Protocollo suggerisce la sospensione o l’annullamento di trasferte e viaggi di lavoro. Evidentemente la raccomandazione dovrà essere valutata in ciascun ambito produttivo e disposta secondo le esigenze specifiche.
Ciò significa che se la mancata effettuazione delle trasferte dovesse riverberare in modo decisivo sulla funzionalità aziendale, la sospensione non dovrebbe essere effettuata ma ciò, evidentemente, sarà possibile nel caso in cui vengano rigorosamente attuate tutte le necessarie azioni di cautela possibili, attrezzando adeguatamente il personale inviato in trasferta e attuando un preventivo confronto con gli RLS o comunque con i rappresentanti sindacali.
Il protocollo dunque si limita, nella logica generale del ridurre gli spostamenti non veramente necessitati, a suggerire di non dare luogo a spostamenti in questo momento non fondamentali per il business (spostamenti commerciali, per marketing, etc.).
Il presupposto normativo del Protocollo è garantire la continuità aziendale in sicurezza (in deroga alla generalizzata sospensione del resto delle attività). Il riferimento alla trasferta riguarda, quindi, esclusivamente eventuali attività complementari alle attività core dell’azienda, non quindi quanto necessario allo svolgimento dell’attività caratteristica dell’impresa che non è intenzione del Protocollo limitare in alcun modo. Diversamente interpretato, il suggerimento inibirebbe la continuità aziendale, contrariamente a quanto previsto dallo spirito del DPCM (continuità aziendale) e del medesimo Protocollo, laddove, in premessa, esso si dichiara funzionale alla prosecuzione dell’attività aziendale.
9- GESTIONE ENTRATA E USCITA DEI DIPENDENTI
Sempre sul piano organizzativo, la gestione dei dipendenti in entrata ed uscita è importante, perché può costituire una occasione di assembramento e di diffusione del virus eventualmente presente.
Molto importante la disponibilità, nei pressi di entrate ed uscite, di prodotti detergenti, posto che le porte e le maniglie sono fonti di potenziale contagio.
10-SPOSTAMENTI INTERNI, RIUNIONI, EVENTI INTERNI E FORMAZIONE
Ancora sul piano delle situazioni in cui è necessario intervenire rilevano gli spostamenti e le riunioni.
Il ricorso ai collegamenti telematici (salvo casi veramente eccezionali da gestire in presenza con tutte le cautele necessarie, a partire dal rispetto delle distanze e della pulizia ed aerazione dei locali) è essenziale; si consiglia di sospendere o rinviare riunioni e incontri di formazione.
In particolare, come anche evidenziato dalla Regione Veneto, la condizione di emergenza nazionale integra gli estremi di una causa di forza maggiore. Tutte le attività che richiedono un aggiornamento della formazione possono essere proseguite anche in mancanza di aggiornamento.
Laddove possibile e ritenuto opportuno, si può erogare formazione a distanza, in alternativa all’impossibilità di organizzare aule, se non virtuali.
11-GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA IN AZIENDA
Una particolare criticità dell’organizzazione è la gestione di una persona sintomatica in azienda.
In questo caso, anche secondo quanto anche precisato nella circolare del Ministero della salute n. 3190 del 3 febbraio 2020, verranno adottate particolari cautele e l’azienda assicurerà collaborazione secondo le indicazioni dell’Autorità sanitaria.
12-SORVEGLIANZA SANITARIA/MEDICO COMPETENTE
L’emergenza sanitaria in atto coinvolge particolarmente il personale sanitario, ivi compreso il medico competente. Il suo ruolo è essenziale, come anche evidente la particolare criticità nella quale è chiamato a svolgere la propria funzione.
La sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta, perché rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale: sia perché può intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, sia per l’informazione e la formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio.
Considerato che, per la durata delle misure di restrizione disposte, le attività di reparti aziendali non indispensabili alla produzione devono essere sospese, e che devono essere incentivate ferie, congedi e altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva, si ritiene che i lavoratori non effettivamente in servizio non debbano essere inviati alla visita medica periodica finalizzata all’espressione del giudizio di idoneità alla mansione, se in scadenza e/o scaduta.
La sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta, perchè le visite mediche periodiche rappresentano un’occasione utile per intercettare possibili casi o soggetti a rischio, nonché per le informazioni e le raccomandazioni che il Medico Competente può fornire nel corso della visita ; tuttavia, tenuto conto dello scenario epidemiologico, delle esigenze di contenere al massimo la diffusione dell’epidemia in atto, nonché della riorganizzazione del Sistema Sanitario Regionale anche in termini di sospensione di tutte le prestazioni sanitarie non urgenti , il medico competente può eventualmente differire le visite mediche periodiche per un tempo strettamente limitato al persistere delle misure restrittive adottate. Tale precauzione, cioè il differimento della sorveglianza sanitaria periodica, deve comunque essere attuata qualora non si possano garantire le massime precauzioni possibili per evitare la diffusione del contagio (per es. carenza di adeguati DPI, logistica non adeguata, medico competente in quarantena o sottoposto ad altre restrizioni cautelative).
A livello nazionale, alla ripresa dell’attività ordinaria, la programmazione delle visite mediche dovrà necessariamente privilegiare quelle differite.
Le visite preventive, a richiesta (se il lavoratore sta ancora lavorando) e da rientro da malattia (qualora ne sia previsto il rientro in azienda) dovranno invece essere comunque garantite.
Ciò premesso, oltre a quanto indicato nelle pagine precedenti, con particolare riferimento alla gestione dei lavoratori negli scenari descritti, nei quali potrebbe essere coinvolto, se presente in azienda, il Medico Competente, si riportano di seguito ulteriori raccomandazioni.
- Utilizzo obbligatorio di DPI per le vie respiratore (mascherina chirurgica o respiratore FFP2 , FFP3) poiché durante l’effettuazione dell’esame obiettivo non si può garantire la distanza interpersonale di un metro.
- Incrementare, nell’ambito dell’organizzazione aziendale presso la quale viene prestata la propria opera, l’attività di collaborazione con le altre figure aziendali della prevenzione e di informazione, con particolare riferimento alla necessità di adempiere a quanto previsto dalla autorità sanitarie competenti, di osservare con rigore le misure igieniche per le malattie a diffusione respiratoria (igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie) e di utilizzare correttamente i DPI.
A tal proposito, anche al fine di limitare gli spostamenti in coerenza con le misure restrittive disposte a livello nazionale, nonché di consentire l’assistenza ad un numero maggiore di aziende, si ritiene necessario utilizzare, nello svolgimento di incontri o riunioni, per quanto possibile, le modalità di collegamento da remoto. - Nell’ambito delle attività di sorveglianza sanitaria, attenersi rigorosamente alle misure di prevenzione della diffusione delle infezioni per via respiratoria (compresa la regolamentazione dell’accesso alle sale d’ aspetto), nonché alla rigorosa applicazione delle indicazioni per la sanificazione e disinfezione degli ambienti previste dalle circolari ministeriali; a tal proposito, per l’ effettuazione delle visite mediche e degli accertamenti integrativi, si raccomanda, al fine di assicurare la corretta igiene dei locali, di utilizzare prioritariamente ambulatori medici, infermerie collocate all’interno delle aziende e unità mobili (se disponibili e se attrezzate per garantire un adeguato distanziamento tra i presenti, nel rispetto del “criterio di distanza droplet ”, fatto salvo il tempo strettamente necessario per l’esame obiettivo), ricorrendo ai locali messi a disposizione delle aziende solo se tale soluzione risulta funzionale a limitare al minimo indispensabile lo spostamento dei lavoratori sul territorio; questi locali dovranno comunque avere caratteristiche tali da permettere l’applicazione di tutte le previste misure di prevenzione della diffusione delle infezioni per via respiratoria.
- Nell’eventualità di un contatto con un caso sospetto di COVID-19, indossare DPI adeguati, consistenti in dispositivi di protezione delle vie respiratorie, protezione facciale, camice impermeabile a maniche lunghe, guanti; tuttavia, considerate le misure di contenimento e il sistema di sorveglianza epidemiologica messi in atto, si ritiene che tale scenario costituisca una eventualità residuale. A contatto con tutti gli altri utenti, indossare dispositivi per la protezione delle vie respiratorie (mascherina chirurgica) e guanti.
- Al soggetto che dovesse presentarsi alla visita medica con febbre o sintomi respiratori anche lievi deve essere fornita e fatta indossare una mascherina chirurgica, assicurandosi altresì che, nell’attesa della visita, il soggetto rimanga il più possibile lontano e isolato dagli altri utenti. In assenza di altre problematiche cliniche, il soggetto può essere inviato al proprio domicilio, con la raccomandazione di limitare al minimo i contatti stretti, di osservare le precauzioni igieniche sopra precisate e di contattare tempestivamente il proprio Medico di Medicina Generale (o il Servizio di Continuità Assistenziale), o, in caso di sintomi gravi, direttamente il 118. Inoltre, al fine di rintracciare i possibili contatti, devono essere raccolte e conservate le informazioni relative ai soggetti che hanno soggiornato nei
medesimi locali (nome, cognome, indirizzo, numero telefonico), da mettere a disposizione delle strutture preposte (Dipartimento di Prevenzione dell’azienda sanitaria territorialmente competente). - Nell’ambito delle attività di sorveglianza sanitaria di cui sopra, si ritiene utile differire l’effettuazione delle prove di funzionalità respiratoria, o comunque di procedure che generano aerosol (per es. alcol test con etilometro), se previste nel programma degli accertamenti sanitari periodici ai fini dell’espressione del giudizio di idoneità alla mansione specifica, a meno che queste non siano assolutamente necessarie per l’espressione del giudizio di idoneità. In questo caso devono essere comunque garantite le procedure di sanificazione di queste attrezzature dopo il loro utilizzo.
Secondo le rilevazioni del Ministero della salute, il virus è particolarmente pericoloso per le persone anziane e che hanno già condizioni di salute compresse da altre malattie, l’azione del medico competente è dunque importante, tanto che le parti hanno evidenziato che il medico competente è chiamato a segnalare all’azienda “situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy.”
Si evidenzia come l’articolo 3, comma 1, lettera b) del DPCM 8 marzo 2020 reciti che “è fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con multimorbilità ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità e di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”. Tali indicazioni sono rivolte direttamente alla persona “fragile” ed è quindi questa che si deve fare direttamente parte attiva.
E’ chiesto ora al medico competente di intercettare i casi residui eventualmente ancora presenti al lavoro. Su questo punto il Medico Competente deve mettere in atto tutte le cautele possibile nella tutela dei dati sanitari sensibili in proprio possesso e la comunicazione al datore di lavoro non dovrà prevedere in nessun modo informazioni personali.
Infine l’accordo rileva come il Medico Competente debba applicare anche le complementari indicazioni dell’Autorità sanitarie locali.
Si sottolinea infine nuovamente come fondamentale infine appare il contributo del Medico Competente nella gestione oltre che dell’informazione informazione e formazione sulle misure di contenimento, sui comportamenti individuali, come anche il suo ruolo clinico per la gestione dei casi personali legati ai dubbi sulla salute dei lavoratori e dei loro familiari, la collaborazione con i Datori di Lavoro e con il Servizio di Protezione e Prevenzione sulle corrette procedure di lavoro e sull’adeguamento eventuale dell’organizzazione del lavoro, la collaborazione con i dipartimenti delle ASL / ATS di malattie infettive per l’individuazione dei contatti stretti nelle aziende ed il loro monitoraggio sanitario durante la quarantena.
Ovviamente, data la portata generale del Protocollo e la necessità di dare attuazione attraverso singoli protocolli, ciascuna azienda declinerà queste indicazioni nelle modalità che riterrà più opportune.
13-AGGIORNAMENTO DEL PROTOCOLLO DI REGOLAMENTAZIONE
Ogni singolo protocollo adottato in azienda assicura efficacia se viene correttamente applicato ed aggiornato. Per questo, è prevista la costituzione di un apposito Comitato in azienda, che prevede anche la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS.
Nel trasmettere la presente nota illustrativa alle associazioni territoriali aderenti del sistema, si fa presente che sono in fase di definizione da parte dei nostri Enti bilaterali nuove prestazioni di sostegno per le aziende e lavoratrici/ lavoratori collegate all’attuale situazione emergenziale.